tag:blogger.com,1999:blog-9386759297597383072024-03-13T18:06:13.536+01:00la finestra chiusaScrittura e pensieri in quiete apparenteSimone Tagliaferrihttp://www.blogger.com/profile/08668299621657098295noreply@blogger.comBlogger668125tag:blogger.com,1999:blog-938675929759738307.post-76927694384359584212023-12-07T23:47:00.005+01:002023-12-07T23:47:48.769+01:00Wall<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEgWq5J0CjpT1C1KKNgRlbJg2DUOjAZDNJI3dA9op-iJbieJFkk56yNldvjreXmLCxlPMyfp0ovgidfAhzNWf9ri1R6E3hVlpSLZXzkEt5ZB9BbztcVLSAMaf3r93SDW5EOf5P_Y9nXLSYWAjAt-Jvy3Q_cOHtU6lDCS7HoYFRMY4rqeoQUvs-fgkjx0-o4G" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="" data-original-height="2736" data-original-width="3648" height="480" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEgWq5J0CjpT1C1KKNgRlbJg2DUOjAZDNJI3dA9op-iJbieJFkk56yNldvjreXmLCxlPMyfp0ovgidfAhzNWf9ri1R6E3hVlpSLZXzkEt5ZB9BbztcVLSAMaf3r93SDW5EOf5P_Y9nXLSYWAjAt-Jvy3Q_cOHtU6lDCS7HoYFRMY4rqeoQUvs-fgkjx0-o4G=w640-h480" width="640" /></a></div><br /> <p></p>Simone Tagliaferrihttp://www.blogger.com/profile/08668299621657098295noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-938675929759738307.post-78816516866033379962023-09-11T12:14:00.002+02:002023-09-11T12:15:31.770+02:00PoetiPoeti cantano nei porcili <div>Bolle di fango ballano in festa</div>Simone Tagliaferrihttp://www.blogger.com/profile/08668299621657098295noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-938675929759738307.post-41644587440164021422023-07-06T11:54:00.001+02:002023-07-06T11:54:25.213+02:00Bolle di sapone<p>L'universo è un gioco di bimbi<br />bolle di sapone vagabonde<br />che scoppiano sole.</p><p>Fragore, risate, lacrime e grida<br />scarafaggi tra le zolle dell'orto,<br />stelle che appassiscono<br />e musica suonata dal caso.<br /><br />Olive cadute sulla terra<br />bagnata dal tramonto,<br />frutti mangiati sugli alberi<br />e uno strano richiamo d'autunno.</p><p><br /><br /><br /></p>Simone Tagliaferrihttp://www.blogger.com/profile/08668299621657098295noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-938675929759738307.post-83052404460597389352023-07-06T11:45:00.002+02:002023-07-06T11:45:23.285+02:00Sterpi<p>Fuori nel campo innevato<br />lo sterpo gracida<br />sotto il peso dell'inverno </p><p>e</p><p>privo di ornamento<br />parla solo di sventura.<br /><br />Fiori vagiscono<br />figli attoniti del freddo<br />pronti per essere falciati.</p>Simone Tagliaferrihttp://www.blogger.com/profile/08668299621657098295noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-938675929759738307.post-29525405971781001762023-06-27T08:55:00.007+02:002023-06-27T09:16:12.914+02:00Richard Garriott<b><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgrTIHMVmxgcYMcfSBmWNbXhAVe5gLfDF6raGyayeh62SFtwlK2lwcSuY5qpnV0BZ5UMnCT_uyBw-vGw6sHeMb0tKZNB8JOap0UUxmLjgBZgZTT_g9rc8d3c-5N7DezIOu0nXF1G6khaiHL3kNmLo-Mo993NJ1sIUfF7c2zBVIlF8Yk5CkIudLus8jabuFk/s1920/Akdng.gif" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="872" data-original-width="1920" height="290" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgrTIHMVmxgcYMcfSBmWNbXhAVe5gLfDF6raGyayeh62SFtwlK2lwcSuY5qpnV0BZ5UMnCT_uyBw-vGw6sHeMb0tKZNB8JOap0UUxmLjgBZgZTT_g9rc8d3c-5N7DezIOu0nXF1G6khaiHL3kNmLo-Mo993NJ1sIUfF7c2zBVIlF8Yk5CkIudLus8jabuFk/w640-h290/Akdng.gif" width="640" /></a></div><br />Richard Garriott</b> è stato il primo civile a viaggiare nello spazio (2008), a visitare entrambi i poli terrestri (Polo Sud nel 1998, Polo Nord nel 2008) e a scendere nella Fossa delle Marianne (2021), conseguimenti che gli hanno fruttato la prestigiosa posizione all'interno del club, con tanto di dedica: "il primo esploratore ad aver raggiunto sia il Polo Nord, sia il Polo Sud, ad aver orbitato intorno alla Terra e ad aver raggiunto il punto più profondo dell'oceano." Garriott è anche uno dei padri dei giochi di ruolo per computer con <b>Akalabeth</b> prima e la serie <b>Ultima</b> poi.<br /><br /><b>
Ultima IV: Quest of the Avatar</b> fu il frutto di una profonda riflessione di Garriott su alcuni fatti accaduti a Ultima III. In particolare iniziò a porsi delle domande da game designer maturo, chiedendosi come poteva guidare l'esperienza dei giocatori ed evitare quanto accaduto nel gioco precedente, ossia che molti di quelli che avrebbero dovuto essere degli eroi senza macchia si erano trasformati in macchine di morte che andavano in giro a uccidere tutti i PNG presenti nel gioco, Lord British compreso, dimostrandosi più malvagi del cattivo stesso. Nacque così l'idea di un sistema di gioco che tenesse in considerazione i comportamenti dei giocatori, dotato di un vero e proprio modello etico che il giocatore avrebbe dovuto seguire per raggiungere il finale migliore, basato su <b>tre principi cardine</b>, presi da Il Mago di OZ: Verità, Amore e Coraggio; da cui derivavano <b>otto virtù cardinali</b>: Onestà, Compassione, Valore, Giustizia, Onore, Sacrificio, Spiritualità e Umiltà.<br /><br />
All'inizio EA si dimostrò tollerante verso la cultura aziendale di <b>Origin</b>, ma non ci volle molto perché i dirigenti iniziassero a imporre la loro visione e i loro metodi alla compagnia, soprattutto dopo che Garriott e i suoi sperperarono i soldi che gli erano stati dati per espandersi. EA voleva risultati di cui Origin si era sempre preoccupata relativamente. I giochi che non avevano abbastanza appeal per il mercato venivano cancellati, le scadenze diventavano sempre più strette e, in generale, l'atmosfera familiare dei primi dieci anni fu letteralmente spazzata via sotto i colpi di una visione più industriale del videogioco. Il primo titolo a subire l'effetto EA fu proprio <b>Ultima VII: The Black Gate</b>, che fu tagliato in diverse parti per riuscire a uscire in tempo per Natale, ma gli effetti più nefasti iniziarono a manifestarsi dopo i primi due anni, quando divenne palese che qualcosa non stava andando per il verso giusto. <div><br /></div><div> Articolo completo su <a href="https://multiplayer.it/articoli/richard-garriott-storia-padri-giochi-di-ruolo-per-computer.html" target="_blank">multiplayer.it</a></div>Simone Tagliaferrihttp://www.blogger.com/profile/08668299621657098295noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-938675929759738307.post-34496787053603501102023-06-27T08:28:00.007+02:002023-06-27T09:00:22.821+02:00Peter Molyneux<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhjXnKY_ss5bA_ZfEpSRUiItgpuDJRTDjNYDA-_ZPax3lzE7DtDlnXdIzKIFn7wImd4t9Pe79rlUeXoYKI88kPqM5oLkdSPXqsHJSL1A9ZwF7b-9KqB2R87EJphG6t8U-ViaaWgbzTyTze_U_Ll1fhoeS492tyufbtryfPN3cM4RcvvFi7sjDJ12jv21c-t/s640/dosbox%202023-06-27%2008-57-42-859.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="480" data-original-width="640" height="480" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhjXnKY_ss5bA_ZfEpSRUiItgpuDJRTDjNYDA-_ZPax3lzE7DtDlnXdIzKIFn7wImd4t9Pe79rlUeXoYKI88kPqM5oLkdSPXqsHJSL1A9ZwF7b-9KqB2R87EJphG6t8U-ViaaWgbzTyTze_U_Ll1fhoeS492tyufbtryfPN3cM4RcvvFi7sjDJ12jv21c-t/w640-h480/dosbox%202023-06-27%2008-57-42-859.jpg" width="640" /></a></div><br />Il primo computer di <b>Molyneux</b> fu un Acorn Atom, con cui iniziò a studiare programmazione, copiando i listati dalle riviste di videogiochi di allora, pratica all'epoca molto comune tra gli appassionati (spesso erano uno degli unici modi per avere titoli freschi, per quanto spesso elementarissimi). Presa fiducia, iniziò a sperimentare con i suoi primi videogiochi, molto semplici: "Ricordo di essere riuscito a far andare un pixel fuori dallo schermo dell'Acorn Atom. Sai, fu qualcosa di molto simile alla <b>soddisfazione sessuale</b>. Fu incredibile, quel punto che diventava qualcos'altro, anche in quel gioco semplicissimo."<br /><br />
Un giorno Taurus ricevette una telefonata dalla <b>Commodore</b>, la compagnia del Commodore 64 e dell'Amiga, allora non ancora sul mercato. Come raccontato Molyneux, "Dissero: "Abbiamo sentito della vostra compagnia, Torus (notate il nome Ndr) e vorremmo avere i vostri prodotti sulla nostra macchina. Spediremo un'auto a prendervi e vi faremo portare nei nostri uffici. Andremo fuori a cena e vi mostreremo la nuova macchina che stiamo per lanciare, chiamata Amiga."" Molyneux accettò l'invito con gioia, pur chiedendosi cosa volesse farsene Commodore dei suoi fagioli. Né lui, né i suoi interlocutori si erano resi conto del malinteso, ossia che la chiamata era arrivata alla compagnia sbagliata. Peter ne prese coscienza durante la serata, ma a quel punto fece buon viso a cattivo gioco, fingendo di essere interessato e non parlando mai di prodotti veri e propri, così da non farsi scoprire. Ignara di tutto, Commodore gli promise e gli inviò sei Amiga. Ora doveva solo capire cosa farsene, visto che non erano compatibili con i fagioli.<br /><br />
Comunque sia nessuno sapeva cosa aspettarsi da <b>Populous</b>. EA non disse a Bullfrog nemmeno a quanto ammontava la distribuzione iniziale. Molyneux e i suoi intuirono il successo solo quando furono raggiunti in ufficio da un giornalista videoludico all'epoca molto noto, Bob Wade della rivista Ace, che voleva parlare del gioco. Lo portarono in un pub e si ubriacarono tutti quanti. Quando gli chiesero cosa ne pensasse di Popolous, lui gli disse: "È il miglior gioco al quale abbia mai giocato", tra lo stupore generale. Nei giorni successivi iniziarono a uscire le prime recensioni di Populous all'interno delle riviste specializzate dell'epoca: aveva preso dei voti stellari, quindi Electronic Arts telefonò finalmente a Molyneux e gli disse che il gioco aveva riscosso un successo enorme e che lui era diventato un miliardario. "Non era del tutto vero, ma passai dall'urinare in un lavandino e dal dovere più soldi alle banche di quanto potessi immaginare a condurre una vita meravigliosa." Era nato il mito di Peter Molyneux e della sua Bullfrog, che negli anni successivi non avrebbe sbagliato un colpo... o quasi.<br /><p><br />Articolo completo su <a href="https://multiplayer.it/articoli/peter-molyneux-luomo-che-ha-reso-i-videogiocatori-delle-divinita.html">Multiplayer.it</a></p>Simone Tagliaferrihttp://www.blogger.com/profile/08668299621657098295noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-938675929759738307.post-79084168466610998772023-05-29T17:02:00.001+02:002023-05-29T17:02:07.511+02:00Sulla CRITICA VIDEOLUDICA<div style="text-align: center;"><iframe allow="accelerometer; autoplay; clipboard-write; encrypted-media; gyroscope; picture-in-picture; web-share" allowfullscreen="" frameborder="0" height="315" src="https://www.youtube.com/embed/D9DQ8L0oOG8" title="YouTube video player" width="560"></iframe></div>Simone Tagliaferrihttp://www.blogger.com/profile/08668299621657098295noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-938675929759738307.post-85852350883334631162023-04-20T12:48:00.007+02:002023-06-27T09:07:14.007+02:00La figura del critico videoludico, una discussione quantomai aperta<p class="MsoNormal">Raccontava un mio professore di Metodologia e critica del
teatro che il primo critico della storia nacque quando il primo poeta della
storia si erse su di un sasso per recitare in pubblico la prima poesia della
storia. Il critico era quello che fischiava. Naturalmente si trattava di una
semplificazione, più che altro di una battuta fatta per stemperare la lezione,
ma nascondeva comunque un nucleo di verità che non può essere eluso: <b>il testo
critico è, essenzialmente, un testo parassita</b>. Un costrutto che esiste come
ombra di un altro testo, espressione di un certo sistema di valori, a cui
succhia la linfa vitale, senza il quale perderebbe completamente di
significato, rimanendo per la gran parte oscuro. Qualcosa di quasi
indecifrabile. Il critico vive riflesso nelle opere di cui parla, di cui
idealmente deve cercare di garantire la sopravvivenza, se non vuole sparire
anch’egli. Se l’opera in sé è un discorso in prima persona fatto da un autore,
per parafrasare Jacques Rivette, allora il testo critico non può che essere
concettualmente in terza persona e può brillare solo lì dove riesca a
illuminare il più possibile l’opera di partenza.</p><p class="MsoNormal">La critica ha dei limiti umani e non può che partire “dai
sentimenti, dai piaceri o dai fastidi provati personalmente a contatto con
un’opera”, come scriveva il critico André Bazin sui Cahiers du cinéma
nell’aprile del 1957. Lo stesso però considerava questo passaggio una
costrizione, sicuramente necessaria, ineludibile, ma non definitiva. Ossia:
<b>l’impressione personale avuta da un’opera non può essere la gabbia in cui
intrappolare la critica della stessa</b>, che in questo modo diventa
autoreferenziale e presuntuosa, al punto da provare a scavalcare e, in un certo
modo, uccidere il suo oggetto perché “stabilisce a priori la superiorità del
gusto del critico su quello dell’autore”. Allo stesso tempo la pretesa di
oggettività di chi pensa che basti applicare una griglia critica a un’opera è
foriera di un grosso errore di fondo, perché nega completamente il ruolo del
gusto, risultando arida.<o:p></o:p></p><p class="MsoNormal">Bazin innestò questo suo discorso in una più ampia
riflessione collettiva sulla cosiddetta politica degli autori, affermata
proprio dai critici (alcuni diventati poi anche autori) fondatori dei Cahiers.
A noi può tornare comodo perché <b>ogni volta che si parla di critica, il mondo
videoludico sembra annaspare, come se gli mancassero dei riferimenti culturali
da cui attingere</b>. Eppure è facile riconoscere entrambe le tendenze in
moltissimi dei testi critici che affollano siti e pubblicazioni specializzate,
che oscillano tra la pretesa di schematizzazione del valore del videogioco
entro determinati confini oggettivi, stabiliti usando una griglia di
valutazione ormai completamente inadeguata allo scopo (quella basata sul
pantheon: grafica, sonoro, giocabilità, longevità) e la voglia dei critici di
ignorare l’opera di partenza, scrivendo dei testi egotici ed egoriferiti. <o:p></o:p></p><p class="MsoNormal">Il fischio della storiella di cui sopra ha senso solo perché
prima c’è stato l’atto poetico. Inoltre ha valore nel momento in cui chi sta
intorno al critico improvvisato, poeta compreso, gliene dà uno. Quindi ha
importanza nel momento in cui a chi ha fischiato viene riconosciuto un certo
ruolo sociale. La forza (o la debolezza) del testo critico nasce dal dialogo
costante tra il critico e i suoi fruitori di riferimento, che vanno a
corrispondere ai fruitori, o ai potenziali fruitori dell’opera stessa, quelli
per cui viene scritto e di cui abbraccia in un certo senso i valori, anche e
soprattutto lì dove prova a indirizzarli.<br />
<br />
Difficile dire cosa dovrebbe essere la critica e che competenze dovrebbe avere
un critico, visto che il concetto stesso è cambiato numerose volte nel corso
della storia della cultura umana. <b>Nondimeno è necessaria una base di partenza
riconoscibile, per quanto non assoluta, così da superare la piaga
dell’autoreferenzialità ed entrare nel territorio della consapevolezza</b>. Il
regista francese Francois Truffaut ebbe a dire della critica cinematografica
USA: «Chiunque può diventare critico cinematografico; al candidato non si chiederà
che un decimo delle conoscenze richieste a un critico letterario, musicale o
d’arte. Un regista, oggi, deve accettare l’idea che il suo lavoro potrà essere
giudicato anche da qualcuno che magari non avrà mai visto un film di Murnau». <o:p></o:p></p><p class="MsoNormal">Se volessimo adattare le sue sferzanti parole alla critica
videoludica, potremmo scrivere, senza paura di dire il falso: «Chiunque può diventare critico videoludico;
al candidato non si chiederà che un decimo delle conoscenze richieste a un
critico cinematografico e un decimo delle conoscenze di un decimo delle
conoscenze richieste a un critico letterario, musicale o d’arte. Uno
sviluppatore, oggi, deve accettare l’idea che il suo lavoro potrà essere
giudicato anche da qualcuno che magari non avrà mai sentito parlare di Atari.»
Cresciuto come critico sui Cahiers du cinéma, Truffaut ha più volte e in più
fasi discusso la figura del critico cinematografico, riconoscendogli un ruolo
fondamentale per lo sviluppo del cinema. Ad esempio nel 1955 scrisse
l’articolo, “I sette peccati capitali della critica”, pubblicato sulla rivista
“Arts”, in cui elencava quelli che secondo lui erano i difetti dei critici
cinematografici francesi, che possiamo riassumere in: scarsa conoscenza della
storia del cinema, sciovinismo, presunzione e mancanza di immaginazione. Anni
più tardi, mostrerà però un maggiore disincanto, riconoscendo nella critica un
solo, grosso limite, che è quello di non avere alcun potere sul pubblico di
massa, ossia di non riuscire a indirizzarlo verso la fruizione di certi film. <o:p></o:p></p><p class="MsoNormal">In effetti la figura del critico tout court negli ultimi
decenni è stata marginalizzata al punto che alcuni sono arrivati a cantarne la
morte o, addirittura, l’estinzione, accelerata da quella che possiamo definire
una diffusione incontrollata della funzione critica attraverso la rete.
Paradossale, ma non di meno indicativo, il fatto che <b>di tutto questo dibattito
nella discussione odierna sulla critica videoludica non traspaia praticamente
nulla</b>, pur essendo molte delle prese di posizione dei lettori rispetto alla
figura del critico derivate proprio da quella che appare essere una forma di
sfiducia storica, non certo afferente alla sola industria dei videogiochi.<o:p></o:p></p><p class="MsoNormal">Nonostante l’industria dei videogiochi abbia ormai compiuto
cinquant’anni, ancora non siamo riusciti a distinguere i critici dai teorici e
a dare non tanto una definizione generale, quanto delle coordinate più precise
sul ruolo della critica nel settore. Eppure all’alba dello stesso <b>la funzione
della prima stampa specializzata era chiarissima, tanto da aver contribuito in
modo determinante alla diffusione della cultura videoludica</b> grazie a una
divulgazione molto diretta e, in un certo senso, artigianale. <o:p></o:p></p><p class="MsoNormal">Non sconvolge che i primi critici, fondamentalmente dei
ragazzi, abbiano impostato il loro lavoro <b>partendo dai dati più evidenti
forniti dai videogiochi, considerando anche i limiti di molti di questi ultimi
in termini strettamente funzionali</b>. Ad esempio parlare di “giocabilità” aveva
senso in un mondo fatto di interfacce spesso poco comprensibili e dalle
funzioni oscure o di risposte anti intuitive degli avatar agli input dei
giocatori, così come non era completamente folle giudicare la “grafica” in
quanto tale, lì dove i videogiochi erano frequentemente delle opere personali,
fatte da singole persone, costrette a volte a crearsi i propri strumenti per
disegnare gli sprite. C’era effettivamente chi era più e chi era meno bravo nel
curare i vari aspetti dello sviluppo, che aveva ancora modalità e tempistiche
umane. <b>Il critico svolgeva quindi la funzione di ponte tra il giocatore e lo
sviluppatore. Poteva farlo perché la voglia tra le parti di incontrarsi era
tanta e il dialogo costante</b>. Certo, c’era una grossa ingenuità di fondo e la
comprensione del medium era ancora agli inizi, ma si procedeva inevitabilmente
a braccio. <o:p></o:p></p><p class="MsoNormal">Il problema è che da lì ci si è mossi poco e male e, anzi,
alcuni degli aspetti più deleteri della figura del critico, come quello di
presentarsi come un “super giocatore”, ossia uno che, avendo accesso anticipato
a molti giochi può distinguere il bello dal brutto, quindi consigliare o
sconsigliare l’acquisto, si sono in un certo senso incancreniti, soprattutto lì
dove, venuti meno i contatti diretti non mediati con gli sviluppatori, gli
editori si sono maggiormente strutturati e hanno preso un ruolo preminente nei
rapporti di potere che poi sfociano nell’atto critico, con quest’ultimo che ha
assunto una funzione terribilmente stitica nel meccanismo economico che regola
il mercato dei videogiochi, ossia semplicemente quella di andare a contribuire
alla media voto.<o:p></o:p></p><p class="MsoNormal">A questo punto sarebbe interessante riflettere anche sul
ruolo del videogiocatore nella definizione della funzione critica e di come
molti in realtà non chiedano più del fischio di cui sopra, limitandosi a
pretendere che la critica assecondi il sentimento delle masse verso i singoli
videogiochi, senza la necessità di cambiare o affinare gli strumenti utilizzati
per descrivere gli stessi. Sarebbe anche interessante considerare la
trasformazione di molti critici in imbonitori da streaming lì dove, grazie
all’affermarsi di piattaforme come Twitch, il visivo è subentrato nel discorso
andando a creare delle dinamiche simili a quelle che si ebbero quando i critici
d’arte, cinematografici e letterari iniziarono ad apparire in televisione. Ma
il discorso devierebbe troppo dal suo nucleo originale. <b>L’idea è che è il
critico videoludico trovi una sua dimensione storica e inizi a concepirsi in
modo diverso, assumendosi la responsabilità di guardare con occhio nuovo
all’evoluzione del medium</b>, così da poterlo inquadrare in un contesto più ampio,
lì dove ormai una certa impostazione appare completamente inadeguata a renderne
la complessità. <o:p></o:p></p><p>
<br /> Articolo apparso originariamente su <a href="https://frequenzacritica.it/la-figura-del-critico-videoludico/" target="_blank">Frequenza Critica</a></p>Simone Tagliaferrihttp://www.blogger.com/profile/08668299621657098295noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-938675929759738307.post-30620083338797506982023-01-18T14:33:00.012+01:002023-01-19T12:23:31.736+01:00Cyberpunk 2077 - Recensione<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh__qyLsYo_o0XND4nnqeKBSwO0gxdy2LdqvJJrowgnb8pde2aufh8F43goqzNCEoW8Gv7Ha-bGiaCRJo32RylFUFQksVeJwSqJziCl5763CBHOWiu7hcvYUrLfb9LFebXE4kAELnVmY4084RBgfOwRjbsHnyb6tO1Pegj1Wd9wbPwU_6p0bZtB4G5A_Q/s1920/GeForceNOW%202023-01-06%2020-56-13-583.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1080" data-original-width="1920" height="360" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh__qyLsYo_o0XND4nnqeKBSwO0gxdy2LdqvJJrowgnb8pde2aufh8F43goqzNCEoW8Gv7Ha-bGiaCRJo32RylFUFQksVeJwSqJziCl5763CBHOWiu7hcvYUrLfb9LFebXE4kAELnVmY4084RBgfOwRjbsHnyb6tO1Pegj1Wd9wbPwU_6p0bZtB4G5A_Q/w640-h360/GeForceNOW%202023-01-06%2020-56-13-583.jpg" width="640" /></a></div><br />L’immagine più emblematica di <b>Cyberpunk 2077</b> è arrivata praticamente alla chiusura del gioco, durante il finale da nomadi. Mentre V e Panam, una coppia nella mia partita, stanno fuggendo dai confini di Night City a bordo di un carro armato, finiscono in una tempesta di sabbia che piano piano oscura completamente la visuale. Qualche secondo di confusione e l’immagine inizia a sfumare verso il bianco. Il mondo di gioco sembra non esistere più, ma in realtà qualcosa di ben visibile è rimasto: l’icona gialla con contorni neri che indica il prossimo obiettivo. Non vediamo più niente. Non si capisce nemmeno dove siamo. Ma possiamo seguire quella sacra icona che fa tutta la differenza del mondo tra la vita e la morte e che c’è stata accanto per più di settanta ore. Non possiamo che arrenderci: è lei la vera protagonsita, non V, non Silverhand, non la città di Night City. <div><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhMn9wpGLDGT1uX1ZstVwGphpsxCJ-VgziK9b25I2SlaNBoPuN1dKrLM5w4XzgtLogIrblSrn0ZcWGbxc-u7ekUUhKAWMwlo-2W4-zI-CA0e0cQ1paUMBPJMErIw1OX7MiLWU3OPZzgMDukemDD5IyYa-cyEkbQ7Jt9M_i7BZ55YNfsV9CJJF8Qlo6VVA/s1920/GeForceNOW%202023-01-06%2019-31-01-450.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1080" data-original-width="1920" height="360" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhMn9wpGLDGT1uX1ZstVwGphpsxCJ-VgziK9b25I2SlaNBoPuN1dKrLM5w4XzgtLogIrblSrn0ZcWGbxc-u7ekUUhKAWMwlo-2W4-zI-CA0e0cQ1paUMBPJMErIw1OX7MiLWU3OPZzgMDukemDD5IyYa-cyEkbQ7Jt9M_i7BZ55YNfsV9CJJF8Qlo6VVA/w640-h360/GeForceNOW%202023-01-06%2019-31-01-450.jpg" width="640" /></a></div><br /><div>Fondamentalmente Cyberpunk 2077 è un gioco in cui si seguono icone. Si seguono icone per trovare una missione da svolgere. Si seguono icone per raggiungere un obiettivo da uccidere. Si seguono icone per far proseguire la storia principale. Si seguono icone semplicemente per non perdersi in una città fin troppo labirintica per poter essere vissuta da soli, senza cioè un navigatore satellitare smart che ci dica sempre dove andare e, a volte, anche cosa fare e dove guardare. Dobbiamo trovare un computer da manomettere dentro a un luogo che non conosciamo? Tranquilli, perché c’è l’icona ad aiutarci a individuarlo. Guardando la mini mappa, cui si dedicano tantissime attenzioni, possiamo vedere anche qual è il percorso da seguire, se proprio non abbiamo alcuna voglia di guardarci intorno. Insomma, è il golden path che ci viene spiattellato in faccia senza nessun ritegno. Quello che facciamo è di fatto seguire degli ordini per rimpinzarci il più possibile di punti esperienza e di oggetti. La solita bulimia capitalista da looter shooter, solo che questo dovrebbe essere più un gioco di ruolo d'azione ambientato in un universo cyberpunk, almeno sulla carta. La verità è che missione dopo missione diventa sempre più chiaro che non abbiamo nessun arbitrio su quello che ci accade intorno, a parte nell’individuazione di possibili percorsi alternativi. Il personaggio che abbiamo costruito esiste praticamente solo in funzione di come elimina i nemici, con l'ipocrisia aggiunta di distinguere gli attacchi letali da quelli non letali.</div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgH3q0yvO3GWMC5-9ElAn9vhEeoYJzYeod0U7HendUeC3nDo-TmibRw3ZiI1ZkjQCAb6h3QB3liGUt1m7axg0TjdcDw0AxcCX0GGtZ2lcB5lOkvwHRnD4W7krd6T7wE6ZNZVeV-2kin4Y2sMA-NyEUBg4DioYinIxd2gpwPrCSqWMOz7vDNLXwuJ6Tk2g/s1920/GeForceNOW%202023-01-06%2020-15-17-976.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1080" data-original-width="1920" height="360" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgH3q0yvO3GWMC5-9ElAn9vhEeoYJzYeod0U7HendUeC3nDo-TmibRw3ZiI1ZkjQCAb6h3QB3liGUt1m7axg0TjdcDw0AxcCX0GGtZ2lcB5lOkvwHRnD4W7krd6T7wE6ZNZVeV-2kin4Y2sMA-NyEUBg4DioYinIxd2gpwPrCSqWMOz7vDNLXwuJ6Tk2g/w640-h360/GeForceNOW%202023-01-06%2020-15-17-976.jpg" width="640" /></a></div><div>Certo, ci sono delle buone storie che ci vengono raccontate di tanto in tanto da alcune missioni secondarie. C'è Keanu Reeves che fa la star per l'intera avventura. Ci sono dialoghi ben scritti e quant'altro. Solo che anche la narrazione ha un difetto strutturale che viene ben espresso dalla missione in cui dobbiamo trovare delle persone rapite da un serial killer. Il tipo viene descritto come completamente folle e autore di crimini orrendi. Il giudizio morale sul suo operato è abbastanza chiaro, pur al netto del tentativo di ricostruirne la psicologia. Il problema di fondo è che per arrivare alla sua fattoria sono passato sopra un paio di persone e poi sono scappato dalla polizia (oltretutto mentre ero insieme a un ex poliziotto). Mentre mi godevo la fuga, ho pensato che dall'inizio del gioco avevo investito molta altra gente senza pormi minimamente il problema di quello che stavo facendo. In un caso aveva anche scelto volontariamente di investire una persona, solo per scoprire se era possibile farlo. Spesso avevo usato i miei poteri da netrunner per eliminare dei teppisti e prendere il loro bottino. Facile come puntarli, lanciare un Contagio, dopo aver violato il loro protocollo (per fare più male, non per altro), e aspettare che finissero a terra per poi fare lo sciacallo. In altri casi avevo estratto la katana per tagliare delle teste a dei corpi solo per il gusto di farlo. Quando il gioco mi ha chiesto sostanzialmente di condividere il giudizio morale degli autori della quest sul serial killer, di gente ne avevo già ammazzata parecchia, molta più di lui, e senza alcuna conseguenza in termini di reazioni del mondo di gioco, ossia di giudizio morale delle persone virtuali con cui avevo interagito. Ecco, probabilmente un tempo non ci avrei fatto caso, ma oggi che un titolo come Cyberpunk 2077, che l'unica libertà che concede davvero è quella di decidere della vita e della morte di una massa informe di PG, mi chieda di prendere posizioni morali su qualcuno che uccide a causa di un passato traumatico (così viene caratterizzato il serial killer) mi appare come paradossale e, francamente, ridicolo... e l'esperienza in sé è piena di momenti in cui siamo chiamati a giudicare.</div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhTEBZ5K3N7rY9CZXWj_sUPKUguhwxXh54GizVH0FIkD61WC4aQIDe3b0M4xSrY2u3yHiC7JLQFQ7hA232OeWimEEKJ0Gbstj3gdpRZvc5G1KVDOq1E-tKdXBr2sxDuz5uLAsVhFqkxC1ceAdYWPXQuFR7ZMEggGZavAJTiXMWRk5_qsbjOMUx4R0bZFw/s1920/GeForceNOW%202023-01-06%2022-26-42-292.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1080" data-original-width="1920" height="360" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhTEBZ5K3N7rY9CZXWj_sUPKUguhwxXh54GizVH0FIkD61WC4aQIDe3b0M4xSrY2u3yHiC7JLQFQ7hA232OeWimEEKJ0Gbstj3gdpRZvc5G1KVDOq1E-tKdXBr2sxDuz5uLAsVhFqkxC1ceAdYWPXQuFR7ZMEggGZavAJTiXMWRk5_qsbjOMUx4R0bZFw/w640-h360/GeForceNOW%202023-01-06%2022-26-42-292.jpg" width="640" /></a></div><div>Alla fine non è nemmeno così difficile lasciarsi coinvolgere, ma lo si fa per i motivi sbagliati, ossia quelli legati alle meccaniche più superficiali, tra sfilate di moda, auto e appartamenti da acquistare di nessuna utilità reale e vari extra che vanno più a intaccare la solidità della rappresentazione che ad arricchirla. Certo, messi tutti insieme aiutano ad arrivare alla fine, solo che, una volta conclusa l'esperienza, mi sono reso conto che Night City, titanica, bellissima, stratificata come nessun'altra città videoludica, se n'è stata per tutto il tempo lì a fare da scenografia morta a una storia che quasi non la riguardava, diventando il più deludente dei personaggi, quello che rimane per tutto il tempo poggiato alla colonna, in attesa di chissà cosa. Certo, offre dei momenti descrittivi notevoli, ma si tiene educatamente ancorata alla sua funzione estetica, senza farsi mai avanti per imporre i suoi temi. C’è rappresentazione della povertà, c’è rappresentazione della ricchezza, ma è tutto usato come se fosse il poster di un operaio sporco di catrame appeso nella stanza di un ricco imprenditore. C’è aderenza, ma non c’è conseguenza, c’è frase, ma senza discorso. A ben pensarci rappresenta benissimo Cyberpunk 2077, ossia la contraddizione del suo voler essere da una parte opera d'arte pregna di significati e dall'altra un'esperienza di gioco per tutti, fallendo in entrambi i casi.</div>Simone Tagliaferrihttp://www.blogger.com/profile/08668299621657098295noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-938675929759738307.post-75493870409458108062023-01-04T17:48:00.006+01:002023-01-04T17:48:57.362+01:00Citazione da "Massa e potere" di Elias Canetti<p> “Chi assisteva a una predica credeva in buona fede d’essere
interessato alla predica, e si sarebbe stupito e forse anche indignato se
qualcuno gli avesse spiegato che la sua soddisfazione proveniva più dal gran
numero dei presenti che non dalla predica stessa."</p><p class="MsoNormal"><o:p></o:p></p>Simone Tagliaferrihttp://www.blogger.com/profile/08668299621657098295noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-938675929759738307.post-51120442234138820492022-12-13T15:46:00.005+01:002022-12-13T15:46:53.078+01:00Ti aspettavo<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjgH9zxp2vD32hwhUkgKCbtB7g2_jZ6audBOetCr7vTH1Jq-zPMYHwHLqsEfdQSHGSn1fkKy_bKj6G4-ff_GXiOQdXgUmMKgdrC2PSUF0vCl2IlsqMgAdAU72azJzc-w3lWJEQ22YYcn7N8sCAPVSu4vdcumc-MDO_ovA8rD8egKs8szyiteoeOHhKRmg/s2454/03%201.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="2454" data-original-width="2454" height="640" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjgH9zxp2vD32hwhUkgKCbtB7g2_jZ6audBOetCr7vTH1Jq-zPMYHwHLqsEfdQSHGSn1fkKy_bKj6G4-ff_GXiOQdXgUmMKgdrC2PSUF0vCl2IlsqMgAdAU72azJzc-w3lWJEQ22YYcn7N8sCAPVSu4vdcumc-MDO_ovA8rD8egKs8szyiteoeOHhKRmg/w640-h640/03%201.jpg" width="640" /></a></div><br /> <p></p>Simone Tagliaferrihttp://www.blogger.com/profile/08668299621657098295noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-938675929759738307.post-24607912706663564512022-12-12T16:09:00.001+01:002022-12-12T16:09:04.416+01:00Inverno<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg-D5LPixCyaOhqnrGqREMKktQXSOsSW5dgQ--kAYd9g-WuBha7ozgaecET2FPNwDf-NavfeO83UD2tyj8AvIBjqe_Y7odH53Cny1gjPeBS1OAauCdiLFKLFYKa0zvl0z0IQGjKtBQe34CQDQov29ESxc4Q6nkXpe2eOtJdtMG3O73ZhJJkZCw7cpjdGQ/s2061/01.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="2061" data-original-width="2061" height="640" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg-D5LPixCyaOhqnrGqREMKktQXSOsSW5dgQ--kAYd9g-WuBha7ozgaecET2FPNwDf-NavfeO83UD2tyj8AvIBjqe_Y7odH53Cny1gjPeBS1OAauCdiLFKLFYKa0zvl0z0IQGjKtBQe34CQDQov29ESxc4Q6nkXpe2eOtJdtMG3O73ZhJJkZCw7cpjdGQ/w640-h640/01.png" width="640" /></a></div><br /> <p></p>Simone Tagliaferrihttp://www.blogger.com/profile/08668299621657098295noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-938675929759738307.post-9944037920045644432022-12-11T19:49:00.005+01:002022-12-11T19:49:45.656+01:00Senza titolo<p> </p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj7zCY7wF-H3LCdQTtDqzcT9XGubnpZiFoQqw3VAiOAPU9u7iZzfgu9NAO-7j1qcW_QMl34eqpSFzsFU49pFvW7Dni4HvgGqgHMg_Yp7UmtfD4dxVerr_U_e0ORz64Wzm24PC4gRovRCF6KiNZIVurqAihQ508E3iGriViTJ8WqyC2kTR7uIRiXKd-r6g/s1728/09.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1728" data-original-width="1728" height="640" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj7zCY7wF-H3LCdQTtDqzcT9XGubnpZiFoQqw3VAiOAPU9u7iZzfgu9NAO-7j1qcW_QMl34eqpSFzsFU49pFvW7Dni4HvgGqgHMg_Yp7UmtfD4dxVerr_U_e0ORz64Wzm24PC4gRovRCF6KiNZIVurqAihQ508E3iGriViTJ8WqyC2kTR7uIRiXKd-r6g/w640-h640/09.jpg" width="640" /></a></div><br /><p></p>Simone Tagliaferrihttp://www.blogger.com/profile/08668299621657098295noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-938675929759738307.post-11927336589686776922022-12-08T15:16:00.003+01:002022-12-08T15:16:24.847+01:00Passato<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEhehpTzMpoTZ8UybgzJTath6NEBMQ1bvuoilXZG1kzvcPdyAbhO0LOW2F00Czdtd_FBGw0UvEWYyxFzZUvXrW2VJujaiyLfjHOICkeNHIWvtmaWuCVpN_mu4nC8pJMozWGh6c9n7_NbtVNn8ebcaQ4yybLok8x3gcixiEevi1cbB8Hnqeb2IV5B-1Y19w" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="" data-original-height="3462" data-original-width="3462" height="640" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEhehpTzMpoTZ8UybgzJTath6NEBMQ1bvuoilXZG1kzvcPdyAbhO0LOW2F00Czdtd_FBGw0UvEWYyxFzZUvXrW2VJujaiyLfjHOICkeNHIWvtmaWuCVpN_mu4nC8pJMozWGh6c9n7_NbtVNn8ebcaQ4yybLok8x3gcixiEevi1cbB8Hnqeb2IV5B-1Y19w=w640-h640" width="640" /></a></div><br /> <p></p>Simone Tagliaferrihttp://www.blogger.com/profile/08668299621657098295noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-938675929759738307.post-26969544538093786372022-11-14T09:55:00.002+01:002022-11-14T12:30:47.636+01:00Last Duel - Recensione<b><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjAy19bsklyZF4cCpuH0P8C__tQcmZzWQ1RwpKNIPBdBGOgyVxLBqeWOs_gC9WY65TEX17X-bE6TF0RrkBY5tIHqcw-CMTWwT20nFB5iWk4laPIZoD-c7aLdQt-EMuVikbEH0ag6F_ePdGQ53rcun96RMamYfuyDQcZIgVtt2bBNezfJYxsyPEfH-rlhg/s1280/download.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="800" data-original-width="1280" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjAy19bsklyZF4cCpuH0P8C__tQcmZzWQ1RwpKNIPBdBGOgyVxLBqeWOs_gC9WY65TEX17X-bE6TF0RrkBY5tIHqcw-CMTWwT20nFB5iWk4laPIZoD-c7aLdQt-EMuVikbEH0ag6F_ePdGQ53rcun96RMamYfuyDQcZIgVtt2bBNezfJYxsyPEfH-rlhg/w640-h400/download.jpg" width="640" /></a></div><br />Last Duel</b> (Capcom, 1988) è uno sparatutto a scorrimento verticale che mescola sezioni combattute on the road ad altre più classiche in cui il veicolo diventa un’astronave. Diviso in sei livelli, incorpora grossi pezzi della cultura pop videoludica di quegli anni, in gran parte di derivazione cinematografica e fumettistica, ma con un occhio anche alla vasta produzione di videogiochi già in commercio, tra autostrade di città futuristiche in rovina, livelli costruiti come se fossero dei grossi organismi viventi e l’inevitabile scontro finale nella base aliena, raggiungibile però solo dopo aver attraversato una strada ghiacciata. C’è anche una ragazza poco vestita da salvare, che non aggiunge molto al gameplay ma che fa parte delle ossessioni dell’industria di quegli anni, con autori ed editori che pensavano in questo modo di dare una motivazione in più al giocatore medio. <div><br /></div><div>Punitivo sin dai primi secondi, Last Duel è basato su di un sistema di potenziamenti progressivi molto rigido, e offre come elementi distintivi la possibilità di saltare quando si guida l’auto, così da evitare baratri e trappole, e quella di rotolare per schivare i proiettili quando si controlla l’astronave. Sviluppato da <b>Takashi Nishiyama</b>, che nonostante sia diventato famoso più per Kung-Fu Master e altri giochi di arti marziali come Street Fighter e Fatal Fury, conosceva bene il genere degli sparatutto classici avendo realizzato Section Z e Legendary Wings, oltre che Moon Patrol, era complessivamente un po’ troppo anonimo per risaltare, tra feedback dei colpi non proprio eccezionale e un ritmo dell’azione incostante e confusionario, soprattutto in presenza di curve, che facevano apparire nemici e proiettili all’improvviso, rendendoli inevitabili se non se ne conosce la posizione. Rivisitabile ma non essenziale.</div>Simone Tagliaferrihttp://www.blogger.com/profile/08668299621657098295noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-938675929759738307.post-27823009939659813772022-11-09T07:53:00.004+01:002022-11-10T08:32:56.546+01:00Devil's Temple - Recensione<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgutlWiEIyfFdGhQDXQu50IFoL0GjsdlJNiW-fPVjQaBV7jhztin6AKTE6_e2K6YDr08YutgIN_z4mhyefEpQ4ZavvUpbstw8YRL4zXKt4zCjtkSMZZS1n3U9fz7TNVA5gW_DWk6mYWTYDVRn4K9jbyAjavCHSeVos3-ps3pkMtk_WMbyAP6zd86ScJaw/s752/devilstemple-full-2211092332-01.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="572" data-original-width="752" height="486" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgutlWiEIyfFdGhQDXQu50IFoL0GjsdlJNiW-fPVjQaBV7jhztin6AKTE6_e2K6YDr08YutgIN_z4mhyefEpQ4ZavvUpbstw8YRL4zXKt4zCjtkSMZZS1n3U9fz7TNVA5gW_DWk6mYWTYDVRn4K9jbyAjavCHSeVos3-ps3pkMtk_WMbyAP6zd86ScJaw/w640-h486/devilstemple-full-2211092332-01.png" width="640" /></a></div>In fondo <b>Kung-Fu Master</b> (1984) aveva un che di ossessivo nel suo permettere al protagonista Thomas di dirigersi in una sola direzione in ogni livello. Era un arcade spietato, in cui superare i cinque piani del Tempio del Diavolo, l’unica ambientazione presente, era davvero un’impresa da maestri che non ammetteva ripensamenti. Bisognava avanzare, picchiare i nemici con calci e pugni ed evitare gli ostacoli, battendo infine i boss che proteggevano le scale per il piano superiore, fino alla liberazione della “ragazza”, che segnava la fine dell'avventura. Guardarsi indietro non era contemplato.<div><br /></div><div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEivH0DCIep5nmkEAzXkxf0DIQ5edC23a28g-VY9fqyKFW2jsoEhW-QLrjnYsJrQLjgLLfdhByaBtNKu9muqhQ7KdZyFeob26hMH678FtEISmsJT3QSJKHmPC9_gZESkjwwdQYSUHWQSN40UDHw6upDqipM2zc4LgvH9lxLvCDOe-XBSaBShynsPzWGbrw/s320/m4A2ME.png" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="256" data-original-width="320" height="256" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEivH0DCIep5nmkEAzXkxf0DIQ5edC23a28g-VY9fqyKFW2jsoEhW-QLrjnYsJrQLjgLLfdhByaBtNKu9muqhQ7KdZyFeob26hMH678FtEISmsJT3QSJKHmPC9_gZESkjwwdQYSUHWQSN40UDHw6upDqipM2zc4LgvH9lxLvCDOe-XBSaBShynsPzWGbrw/s1600/m4A2ME.png" width="320" /></a></div>Kung-Fu Master<b> </b>era “<b>L’ultimo combattimento di Chen</b>” (1972) di Bruce Lee; un concentrato di quell’immaginario che l’attore americano aveva contribuito a diffondere in tutto il mondo con i suoi film. Takashi Nishiyama, l’autore, riprese la visione di Kung-Fu Master in <b>Trojan</b> (1986), pur cambiando completamente scenario, per poi mettersi a fare altro. Da artista eclettico amava sperimentare e con il venir meno di certi limiti tecnologici tentò varie strade, senza però mai dimenticare quelle arti marziali, cui infine ha finito per dedicare buona parte della sua carriera videoludica, in particolare nel suo lungo periodo con SNK. Molti però lo ricordano proprio per Kung-Fu Master, che era talmente rifinito nella sua asciuttezza concettuale da aver ispirato addirittura <b>Shigeru Miyamoto</b>, che non a caso inizierà a lavorare a <b>Super Mario Bros.</b> subito dopo aver curato la conversione per NES del gioco di Nishiyama. <div><br /></div>In un’epoca che tende a riproporre praticamente ogni concetto di gioco del passato, non stupisce di vedere spuntare un titolo come <b>Devil's Temple</b>, seguito apocrifo di Kung-Fu Master che tenta in un certo senso di radicalizzarne ancora di più la visione. Tornano quindi i livelli che scorrono in una sola direzione, dieci invece di cinque, ma si parte dalla strada invece che dal tempio. Thomas viene sostituito da suo figlioTommy, personaggio simile al padre, ma con qualche mossa in più e con un tocco di Vigilante che non guasta. Torna la ragazza rapita, questa volta chiamata Lena, e torna il Tempio del Diavolo per il gran finale. </div><div><br /></div><div><div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiyvLdxtzG5ZnHjf8bMWpTDT9aoiA8Y9KtYcKYZMT5dU4JTioLivPWi07cFO4HQb_S7PUfuzsfJRwbKKy6BEITNBdP4gkhORMDUjbFu553inCRrvT2g6Dq7TWra-J-ATgae8XIkyQBdtH4djkW-sLzDvAO0Iz94w749qtZvMg-D5KzcqLHPYLCRalTP9Q/s320/zpVlz7.png" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="256" data-original-width="320" height="256" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiyvLdxtzG5ZnHjf8bMWpTDT9aoiA8Y9KtYcKYZMT5dU4JTioLivPWi07cFO4HQb_S7PUfuzsfJRwbKKy6BEITNBdP4gkhORMDUjbFu553inCRrvT2g6Dq7TWra-J-ATgae8XIkyQBdtH4djkW-sLzDvAO0Iz94w749qtZvMg-D5KzcqLHPYLCRalTP9Q/s1600/zpVlz7.png" width="320" /></a></div>I riferimenti a Bruce Lee e ai <b>film di Kung-Fu</b> si fanno ancora più evidenti. La parte più interessante di Devil’s Temple, comunque, è che è ambientato nel 1987, anno in cui si situa non solo la storia, ma anche la concezione del gioco stesso, visto che appare come un’evoluzione delicata dell'originale cui guarda con insistenza feticista. In un certo senso è lì che situerei anche la visione dell’autore, evidentemente ancorato a quell’epoca e a un certo modo di leggere il mondo di cui non riesce a liberarsi e da cui fatica a emanciparsi. Il gioco in sé non è brutto, nonostante qualche problema con le collisioni che rende gli ultimi due livelli più problematici del dovuto, e la sua inattualità è perfettamente in linea con l’idea di farlo uscire su Amiga nel 2022, in onore a un sentire nostalgico delle generazioni cresciute negli anni ’80 e ’90, costrette a vivere l'evoluzione del medium in un ruolo sempre più marginale. In ultima istanza, è la splendida Polaroid appena sviluppata di un desiderio mai esaudito.</div></div>Simone Tagliaferrihttp://www.blogger.com/profile/08668299621657098295noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-938675929759738307.post-70912052610901409762022-08-31T08:26:00.001+02:002022-11-09T06:56:10.198+01:00Il viandantePoggiato su un letto di parole <div>Che suonavano una canzone antica </div><div>Pregava il vento pieno d'autunno</div><div>E l'attesa del posarsi della polvere</div>Simone Tagliaferrihttp://www.blogger.com/profile/08668299621657098295noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-938675929759738307.post-8751499966276493242022-07-30T19:11:00.002+02:002022-08-01T16:21:07.932+02:00Pioggia<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://lh3.googleusercontent.com/-9WkJU4XPs18/YuVmSA0ejlI/AAAAAAAAcGY/FPjEK-82rSUPDJCzz6noWch0xZYcCuMtACNcBGAsYHQ/s1600/1659201091971996-0.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;">
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</a>
</div>Simone Tagliaferrihttp://www.blogger.com/profile/08668299621657098295noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-938675929759738307.post-82631257831620533252022-07-28T20:33:00.002+02:002022-08-01T16:21:23.976+02:00Padre Aniene<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://lh3.googleusercontent.com/-zYbtp1NBF8o/YuLWZECrdHI/AAAAAAAAcFI/DWNqshM7jo0O5TOd5ZylJdxasQ2DgVB9gCNcBGAsYHQ/s1600/1659033182978241-0.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;">
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</div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
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</a>
</div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
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</div>Simone Tagliaferrihttp://www.blogger.com/profile/08668299621657098295noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-938675929759738307.post-56878806796960190612022-07-28T18:18:00.001+02:002022-07-28T19:19:15.455+02:00Vita di una bolla di saponeFiuuuuu<div>Bolla di sapone solitaria che...<div>Pop! </div></div>Simone Tagliaferrihttp://www.blogger.com/profile/08668299621657098295noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-938675929759738307.post-82947492131186257102022-05-31T11:57:00.003+02:002022-05-31T11:57:30.128+02:00Autorialità e videogiochi, un rapporto controverso<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi542b4Lp695ovuCWit86NE2DdSHGX0t25Ni6EFvZydsqWPe4bes8VaG-o-ZHTKBuOAX7GcvzYL-Xp2cIXSZRYqvO9oJ83CNYFfIEridVTgXTBpKNMyF7NbJl8BWlVM-QULUpjnU6U17Msy9JwKcOVwZFYfea2PCq6sQ-8ZTJzgnM27CQxPEfprS_osfg/s800/yars-revenge_jpg_800x0_crop_upscale_q85.webp" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="600" data-original-width="800" height="480" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi542b4Lp695ovuCWit86NE2DdSHGX0t25Ni6EFvZydsqWPe4bes8VaG-o-ZHTKBuOAX7GcvzYL-Xp2cIXSZRYqvO9oJ83CNYFfIEridVTgXTBpKNMyF7NbJl8BWlVM-QULUpjnU6U17Msy9JwKcOVwZFYfea2PCq6sQ-8ZTJzgnM27CQxPEfprS_osfg/w640-h480/yars-revenge_jpg_800x0_crop_upscale_q85.webp" width="640" /></a></div><br />Chi è l'<b>autore di videogiochi</b>? Come possiamo definirlo tale? Quando nasce il videogioco d'autore? Apparentemente queste sono domande banali, ma negli ultimi anni hanno dato vita a moltissimi fraintendimenti, vuoi per la scarsa conoscenza del come vengono fatti i videogiochi, anche da parte degli addetti ai lavori, vuoi per mancanza di una visione d'insieme della storia dei videogiochi che consenta d'individuare l'origine, seppur vaga, del concetto di autore, al di là dei pregiudizi, degli aneddoti e delle mitizzazioni.<br /><br />
Purtroppo molti tendono a farla coincidere con l'emergere dei nomi dei designer giapponesi, avvenuto soprattutto nel periodo PlayStation, vuoi perché prima le case di sviluppo giapponesi non consentivano ai loro "dipendenti" di firmare i giochi, soprattutto per paura che altre compagnie gli facessero offerte migliori per andare a lavorare da loro, vuoi perché all'epoca il marketing dei vari editori e produttori hardware puntava moltissimo sul concetto di videogioco come esperienza, introdotto da Sony nel discorso globale per vendere meglio la sua console basata sul lettore CD-Rom, che consentiva l'introduzione massiccia di contenuti multimediali, in quegli anni un grosso traino tecnologico e commerciale; vuoi perché molti di quelli che oggi commentano l'industria dei videogiochi iniziarono a giocare proprio allora e solitamente ignorano ciò che successe prima.<div><br /></div><div>Articolo completo su <a href="https://multiplayer.it/articoli/autorialita-e-videogiochi-un-rapporto-controverso.html">Multiplayer.it</a></div>Simone Tagliaferrihttp://www.blogger.com/profile/08668299621657098295noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-938675929759738307.post-72652051891529861502022-05-17T23:10:00.005+02:002022-11-09T06:59:26.638+01:00Miner 2019er - Recensione<b><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj7GTy_BDuFOGpKFfC8Rke8gC2kBNX1Fr8CD8ywJMk3MF8adHLYAWV4KKEmY5byMNcm7kg-NMcrIGVb8dlTu7ymOwS-ffXzIL0chwZVY3rETsN3I6YByg-HtEdGSHoKNo6oaqjwc3sdpa6gtR-bWuQ4kPqFM8HRyZ7G3DfuTybAltMTAIZSba-PYl52SA/s1152/x64%202022-05-17%2023-12-15-094.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="816" data-original-width="1152" height="454" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj7GTy_BDuFOGpKFfC8Rke8gC2kBNX1Fr8CD8ywJMk3MF8adHLYAWV4KKEmY5byMNcm7kg-NMcrIGVb8dlTu7ymOwS-ffXzIL0chwZVY3rETsN3I6YByg-HtEdGSHoKNo6oaqjwc3sdpa6gtR-bWuQ4kPqFM8HRyZ7G3DfuTybAltMTAIZSba-PYl52SA/w640-h454/x64%202022-05-17%2023-12-15-094.jpg" width="640" /></a></div><br />Miner 2019er</b> per Commodore 64 è il prequel di Miner 2049'er, un gioco uscito negli anni '80 non troppo noto alle masse, ma ben conosciuto dagli appassionati di <b>platform a schermata fissa</b> che in quegli anni andavano per la maggiore. Si tratta di un' operazione nostalgica, ovviamente, ma è particolarmente interessante perché intrisa di una malinconia implicita, probabilmente non voluta, che colpisce più del gioco stesso. Non è solo il gameplay a comunicarla, ma lo scenario nel suo complesso, nome compreso. <div><br /></div><div>Miner 2049'er era ambientato in un futuro non remoto ma distante, almeno per la sua epoca. Fu lanciato nel 1983. Probabilmente lo sviluppatore originale, Bill Hogue, mentre scriveva il codice immaginava che non avrebbe mai raggiunto l'anno in cui agiva il suo minatore. Eppure guardava al futuro, facendo oltretutto qualcosa di avanzatissimo, quasi rivoluzionario per quei tempi: sviluppare un videogioco. </div><div><br /></div><div>Il fatto che il protagonista fosse un <b>minatore </b>non è un caso: Miner 2049'er fu sviluppato nell'Inghilterra del thatcherismo, in cui il nuovo rigore di matrice destrorsa fece chiudere moltissime miniere di carbone sparse per il paese, portando al licenziamento di centinaia di minatori, che con le loro proteste diventarono il simbolo della lotta del proletariato contro il potere e l'affermarsi di un capitalismo sempre più selvaggio e disumano, di cui ancora oggi vediamo i frutti nel tessuto urbano delle metropoli britanniche. </div><div><br /></div><div>Non per niente alcuni dei protagonisti dei videogiochi inglesi più significativi di quegli anni erano dei minatori o, più in generale, dei lavoratori. Pensate a Manic Miner, Monty Mole o alla serie di Wally, tanto per avere un quadro non dico accuratissimo, ma quantomeno abbozzato nelle sue linee generali.<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><iframe allowfullscreen="" class="BLOG_video_class" height="348" src="https://www.youtube.com/embed/2jEo8wanWsY" width="483" youtube-src-id="2jEo8wanWsY"></iframe></div><br /></div><div>In questo senso Miner 2049'er è un gioco figlio del suo tempo e, pur non avendo istanze politiche dichiarate al suo interno, il solo fatto di aver messo al centro dell'azione la figura di un minatore era segno che certe questioni erano una presenza inevitabile nella cultura inglese di quegli anni, perché parte della cultura politica collettiva. </div><div><br /></div><div><div>Miner 2019er si presenta a tutti gli effetti come un sentitissimo <b>tributo </b>di Miner 2049'er, di cui riprende buona parte delle meccaniche: è un platform a schermate fisse in cui bisogna calpestare tutte le piattaforme per superare i livelli, evitando al contempo mostriciattoli, trappole e baratri. Qui è là si possono raccogliere degli oggetti che consentono di eliminare i nemici, rendendoli vulnerabili per qualche secondo, chiave di volta di alcuni livelli. Questi ultimi non hanno alcuna pretesa di realismo e sono tutti costruiti in chiave simbolica. Quindi abbiamo piattaforme e oggetti sospesi nel vuoto pensati in relazione al gameplay, senza alcuna ricerca di verosimiglianza.</div><div><br /></div><div>Sul gioco in sé c'è in realtà poco altro da dire: funziona, soprattutto se si è giocato l'originale. I venticinque livelli sono abbastanza intricati e offrono ognuno una sfida a sé. Spesso sembra che siano impossibili, per poi scoprire che basta un minimo cambio di approccio per decodificarli e superarli.</div><div><br /></div><div>Il punto però è un altro e nasce da una domanda precisa: perché ambientare il gioco nell'immediato passato? In questa scelta, apparentemente innocua, c'è tutta la retorica di un certo modo di intendere i videogiochi da parte di quella scena rimasta legata ai vecchi sistemi da gioco. Se nel 1983 il Commodore 64 era il presente che consentiva di immaginare il futuro, nel 2022 è un passato che non si vuole abbandonare a cui alcuni sono inesorabilmente incatenati. Con il solo cambio di data nel titolo e con la scelta di aderire senza remore all'idea ludica originale, Dan Avery, l'autore di Miner 2019er, ha confezionato un gioco feticcio, che è soprattutto un oggetto di culto per una precisa cerchia di persone. Il fatto che sia ambientato nel recente passato è l'inevitabile proiezione delle aspettative dei suoi giocatori potenziali sul principio essenziale che rende possibile il gioco. Siamo di fronte all'ennesima reificazione della nostalgia, tanto più convincente quanto più si avvicina all'immagine originale del suo oggetto.</div></div><div><br /></div><div>Il protagonista di Miner 2019er non è più il simbolo di un mondo in lotta, ma quello di un malinconico guardarsi indietro per andare alla ricerca di qualcosa che riattualizzi un passato mai metabolizzato. La sua presenza è ormai distante da quella dei minatori asserragliati per non perdere il posto di lavoro, perché il suo ruolo è quello di compiacere una classe media sul viale del tramonto, che cerca la sua piccola consolazione quotidiana nella cristallizzazione dei suoi ricordi. In questo, è giusto specificarlo, ci troviamo di fronte a un piccolo capolavoro.</div>Simone Tagliaferrihttp://www.blogger.com/profile/08668299621657098295noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-938675929759738307.post-43444825613264655112022-04-29T16:33:00.002+02:002022-04-29T16:34:34.071+02:00Ravenous Devils<div class="separator" style="clear: both;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjzHedCb7s2LAHXSN6-gs7IpZ4yiBlWHb6edKxESuevD2pCSVVfCZosAwABkm339CYFxGvl0f6isWPHkx8MeriSwHCQx0J8CsFdHM0QIDHTmwQuYocCKnJ0ZYvh-mnCLocpOd-cWHawkLVfRn6yVbwqVKItVpHC-cM4Jqh2ln8m2XJwzJxuYm4iGOSIyA/s800/3840x2160_layer_background_art_jpg_800x0_crop_upscale_q85.webp" style="display: block; padding: 1em 0px; text-align: center;"><img alt="" border="0" data-original-height="450" data-original-width="800" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjzHedCb7s2LAHXSN6-gs7IpZ4yiBlWHb6edKxESuevD2pCSVVfCZosAwABkm339CYFxGvl0f6isWPHkx8MeriSwHCQx0J8CsFdHM0QIDHTmwQuYocCKnJ0ZYvh-mnCLocpOd-cWHawkLVfRn6yVbwqVKItVpHC-cM4Jqh2ln8m2XJwzJxuYm4iGOSIyA/s600/3840x2160_layer_background_art_jpg_800x0_crop_upscale_q85.webp" width="600" /></a></div>All'inizio tritare esseri umani per servirli ad altri esseri umani trasmette una certa inquietudine, visti anche i dettagli delle animazioni (quella della macellazione per le bistecche è particolarmente inquietante) ma presto ci si fa l'abitudine e diventa una pratica rilassante, quasi pervasiva nella sua crudele bellezza. Quando si è entrati nei suoi gangli e ci si lascia andare, Ravenous Devils diventa uno specchio della contemporaneità, dentro cui si può naufragare dolcemente, trasformando il massacro in una pratica economica, asetticamente meccanica, in cui la crescita dei profitti corrisponde all'aumento della nostra spietatezza. Giocando ci siamo sentiti in pace con noi stessi e abbiamo compreso la grandezza di un sistema che manda al macero alcuni, per la serenità e la sazietà degli altri. Abbiamo immaginato le signore entrate nel nostro negozio per acquistare un pasticcio di carne, che si puliscono educatamente la bocca dopo averlo mangiato, facendo un ruttino silenzioso dopo averlo digerito non sapendo di aver appena ingerito il loro vicino di casa, quello che salutavano educatamente tutte le mattine e di cui non sapevano nulla.<br /><br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><iframe allowfullscreen="" class="BLOG_video_class" height="391" src="https://www.youtube.com/embed/ipJwyt3s1V8" width="471" youtube-src-id="ipJwyt3s1V8"></iframe></div><br /><div><br /></div><div><br /></div><div>Abbiamo sognato l'ingresso in negozio di una carovana d'influencer in erba pronti a fotografare il frutto di tanta fatica e renderla virale, poi ci siamo ricordati che l'epoca rappresentata nel gioco non aveva social network e ci siamo rattristati. Comunque sia ci siamo sentiti dei veri imprenditori, di quelli che sacrificano tutto per il benessere della loro azienda, anche la loro vita privata, e abbiamo iniziato a riflettere sulla realtà, chiedendoci in quale punto della catena alimentare siamo collocati e se, alla fin fine, stiamo dalla parte di quelli che tritano, o da quella di chi viene tritato. Il fatto che nel mentre continuassimo a girare la manovella del tritacarne senza dargli più grossa attenzione è stata una risposta piacevolmente rivelatoria.<br /><br />Articolo completo su <a href="https://multiplayer.it/recensioni/ravenous-devils-recensione.html">Multiplayer.it</a></div>Simone Tagliaferrihttp://www.blogger.com/profile/08668299621657098295noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-938675929759738307.post-22410521946644701992022-04-07T14:13:00.007+02:002022-06-01T15:58:26.600+02:00Atari e il consumo di droga"<i>C'è sempre stata un'accesa discussione sul consumo di droghe dentro Atari. Voglio mettere la parola fine una volta per tutte alle chiacchiere in merito, assicurandovi che in Atari si consumava moltissima droga. Non tutti quanti, c'era chi si asteneva e chi era indulgente, ma una grande quantità di sostanze diverse furono consumate in una grande quantità di modi diversi da una grande quantità persone in vari dipartimenti. Nessuna droga è stata consumata da tutti e nessuno ha provato tutte le droghe, ma a un certo punto qualsiasi droga ha trovato qualcuno che la consumasse. Naturalente, erano tutte droghe chimiche.</i>" <br /><br /><div style="text-align: right;">da "<b>Once Upon Atari: How I made history by killing an industry</b> (English Edition)" di Howard Scott Warshaw, Ernest Cline</div>Simone Tagliaferrihttp://www.blogger.com/profile/08668299621657098295noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-938675929759738307.post-44604087088389076452022-04-02T09:09:00.002+02:002022-04-03T17:02:08.914+02:00SeraFuori dalla finestra<div>L'ombra mima la sera</div><div><br></div><div>Ammassi di strade</div><div>Su cumuli di gente</div><div><br></div><div>L'odore di una risata</div><div>Mi fa sentire vivo</div>Simone Tagliaferrihttp://www.blogger.com/profile/08668299621657098295noreply@blogger.com0