Articolo apparso originariamente su Piranha Bytes Italia (qui la versione in inglese)
Per parafrasare il linguista Ferdinand de Saussure, possiamo definire i videogiochi come un sistema in cui tutte le parti possono e debbono essere considerate nella loro solidarietà sincronica. Metterli su un tavolo operatorio e fargli l’autopsia è il metodo più utilizzato per analizzarli, ma a volte facendoli a pezzi si finisce per perdere di vista il quadro generale. In ogni caso quello che si ottiene, in termini critici, è un cadavere incapace di esprimere ciò che era in vita. Il risultato è un’analisi cieca, che sa illustrarci il motivo del decesso, ma che non ci dice molto sulla vita del soggetto sezionato, se non in termini strettamente clinici.
Per parafrasare il linguista Ferdinand de Saussure, possiamo definire i videogiochi come un sistema in cui tutte le parti possono e debbono essere considerate nella loro solidarietà sincronica. Metterli su un tavolo operatorio e fargli l’autopsia è il metodo più utilizzato per analizzarli, ma a volte facendoli a pezzi si finisce per perdere di vista il quadro generale. In ogni caso quello che si ottiene, in termini critici, è un cadavere incapace di esprimere ciò che era in vita. Il risultato è un’analisi cieca, che sa illustrarci il motivo del decesso, ma che non ci dice molto sulla vita del soggetto sezionato, se non in termini strettamente clinici.
Elex inizia
lentamente, ma prendendoci subito a schiaffi. Il giocatore viene
guidato per pochi minuti, giusto il tempo di vedere rimettersi in
piedi Jax, ex-comandante delle Albe, la fazione antagonista del
gioco, e di dargli qualche ragguaglio su ciò che può e che non può
fare. Qualche facile scontro, qualche oggetto da raccogliere, ma già
in quello che possiamo considerare il tutorial, se si decide di
esplorare in autonomia si finisce per essere messi alla prova da
almeno un nemico più potente di quelli che l’equipaggiamento
iniziale permette di affrontare in tranquillità (pochissimi, in
realtà). Messo piede nel vasto mondo, il sistema ci fa incontrare
uno dei nostri futuri compagni e ci suggerisce una strada da seguire,
ma ci dice anche che si può fare di testa propria. Quello di Magalan
è un mondo ampio e pieno di posti da visitare, se siamo in grado di
arrivarci. Niente ci è precluso, ma non tutto è a portata di mano.
La fauna, fatta di creature mutanti ed esseri umani poco amichevoli,
vive per sé, senza mostrare alcuna pietà per la nostra debolezza.
Vogliamo sfidarla? Liberi di farlo e liberi di morire.
C’è poco da fare,
l’inizio di Elex è pieno di tutte le idiosincrasie tipiche delle
opere di Piranha Bytes, che dai tempi del primo Gothic ha modificato
pochissimo la sua filosofia del gioco di ruolo d’azione. I Gothic e
i Risen, pur a fronte di evidenti oscillazioni qualitative, avevano
però tutti un punto in comune: il rispetto profondo per il
giocatore, mai considerato come un deficiente che va tenuto per mano
dall’inizio alla fine, ma come un pari va lasciato libero di
crescere nel gioco, anche a costo di frustrarlo in alcuni momenti,
così da rendere la soddisfazione per ogni vittoria ancora più
grande. E quale videogioco recente offre una soddisfazione
comparabile a quella della sconfitta di un troll, dopo ore e ore di
gioco passate a schivarli, perché i lenti bestioni erano
semplicemente inavvicinabili? Dove si può provare qualcosa di simile
all’avventarsi su un branco di raptor e farli a fettine, quando
soltanto poche ore prima, solo scorgendoli in mezzo ad alcuni cespugli, si
era dovuti scappare a gambe levate? Questi momenti in Elex non sono
casuali, come non lo erano negli altri titoli di Piranha Bytes citati
sopra, ma sono costruiti con grande sapienza dal sistema di gioco.
Certo, se ci mettiamo a considerarlo nelle sue singole parti i
difetti abbondano: i bug innegabilmente ci sono, il sistema di
combattimento ha qualche problema nel gestire le collisioni tra i
modelli, le sequenze d’intermezzo non sono il massimo, i movimenti
a volte risultano più goffi del dovuto, i dialoghi non sono certo
scritti da Dostoevskij e volendo ce ne sarebbero altri ancora, ma il
punto non è questo. Elex è uno dei giochi di ruolo più
affascinanti tra quelli usciti questo e negli scorsi anni per dei
motivi che vanno oltre le sue singole parti e proprio per quelli che
a uno sguardo superficiale appaiono come problemi.
Prendiamo ad esempio
la crescita di Jax e il suo equipaggiamento. Molti hanno criticato
Elex perché si passa un sacco di tempo con la stessa corazza o con
la stessa spada e perché non ci sono molte alternative da trovare.
Ovviamente il confronto implicito è con quei titoli in cui ogni
nemico ucciso, anche il più scarso, può sputare un qualche oggetto
dai valori casuali, e in cui si passano ore e ore a mettere sui
piatti di una bilancia ideale oggetti tipo “La spada aprinatiche
della coccarda maculata bianca” con “La mazza sfondasifoni del
demone del canto strozzato”, la prima trovata in un forziere di
legno nascosto sotto al letto di un contadino ucciso da un goblin
zoppo e la seconda sul cadavere di un avventuriero ucciso da dei topi
giganti canterini. Ancora una volta se si fa un confronto
semplicemente quantitativo, è evidente che è il secondo sistema a
dare molte più alternative. Se però esaminiamo più a fondo
entrambi, scopriamo che è il confronto stesso a essere completamente
assurdo: Elex dà all’equipaggiamento una funzione diversa,
prettamente narrativa, legato com’è ai rapporti di Jax con le
diverse fazioni (Berserker, Chierici e Fuorilegge), mentre nell’altro
sistema l’equipaggiamento assume una funzione essenzialmente
meccanica e consumistica, privo com’è di ogni risvolto drammatico
e funzionale solo al suo accumulo. Ovviamente ci sono anche dei
sistemi intermedi, ma non è questo il punto: Piranha Bytes ha da
sempre scelto di legare l’equipaggiamento a una certa filosofia di
crescita del personaggio, determinata dalle scelte compiute del
giocatore. In chiave strettamente narrativa, ha senso che una
comunità dia accesso ai suoi strumenti migliori solo alle persone di
cui si fida e che in un certo senso hanno assunto un ruolo di rilievo
al suo interno. Sempre seguendo lo stesso filo, ha senso che
l’equipaggiamento stesso diventi uno strumento di definizione
dell’identità del personaggio. Detto per inciso: se ho scelto di
unirmi ai Chierici, è giusto che io appaia come un chierico e non
abbia accesso alla tenuta di un Fuorilegge, se non a quelle di
livello più basso, ossia le più comuni. Da queste deriva
sicuramente una crescita più faticosa, ma la soddisfazione, quando
finalmente si ottiene quanto desiderato, è immensa, con il vantaggio
che il gioco ci ha spinti a fare una scelta consapevole, dandoci
tempo e modo per rifletterci su, visto che in Elex è possibile
svolgere tutte le missioni di accesso alle fazioni, rimanendo
comunque liberi di non entrarci.
Certo, non è giusto
nemmeno nascondere la testa sotto la sabbia, perché Elex i suoi bei
problemi li ha. La maggior parte li abbiamo già elencati, ma se
vogliamo possiamo ribadire che avremmo preferito un sistema di
combattimento più rifinito come quello del primo Risen, nonostante
non sia povero come descritto da alcuni, che evidentemente non hanno
portato troppo avanti il loro personaggio per scoprirne tutte le
sfaccettature. Va anche detto che il sistema di crescita consente di
giocare Elex in modi talmente differenti, che limitarsi a considerare
soltanto il sistema di combattimento è un bel po’ riduttivo, visto
che si può giocare anche con un approccio più stealth o puntando
maggiormente al dialogo (per non parlare poi delle capacità delle
diverse fazioni, che sbloccano abilità che cambiano completamente
l’approccio all’azione). Rimane il fatto che anche solo
potenziando le giuste caratteristiche, Jax ottiene nuove mosse nel
corpo a corpo o diventa molto più efficace con le armi a distanza,
riuscendo ad affrontare con efficacia qualsiasi nemico, senza dover
scappare come una mammoletta. Basta avere la pazienza di scoprire un
sistema di gioco atipico, almeno di questi tempi, senza pretendere
che si sveli dopo pochi attimi. Ma forse il problema di Elex è
proprio questo: pretende di rivolgersi a un videogiocatore in via
d’estinzione, che possa accettare alcuni compromessi produttivi
valorizzando i suoi indubbi pregi e la sua “originalità”.












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