Io ci spero che i videogiochi facciano male, che creino anche fenomeni emulativi violenti, magari qualche serial killer di quelli particolarmente creativi. Che siano il pane dei bulli e degli assassini, il sogno dei perversi e dei terroristi.
Ci spero perché se così non fosse non sarebbero cultura, ma solo degli inutili orpelli per vite vuote, che esistono nella disperante condizione di non poter essere riempite in alcun modo.
Ci spero perché ho sempre confidato nella loro forza affabulatoria e nella loro capacità di produrre senso, nel bene e nel male.
Ci spero perché altrimenti avrebbero vinto quelli che li vedono solo come un passatempo tecnologico, completamente sorvolabile e superfluo, anche se poi gli dedicano la gran parte della loro giornata.
Ci spero perché marchi, enti e lobby li usano come mezzi pubblicitari e di propaganda, finanche di reclutamento, riconoscendogli una forza retorica che noi, paradossalmente, vogliamo negargli, sottovalutandoli.
Ci spero perché sarebbe il segno che in qualche modo hanno il potere cambiare la vita di una persona, dandole una prospettiva, seppur completante folle e omicida.
Ci spero perché se così non fosse significherebbe che l’impatto del medium sulla realtà è nullo e che se i videogiochi sparissero domani mattina non cambierebbe assolutamente niente per nessuno, economia a parte.
Ci spero perché se fossero davvero in grado di spingere un individuo verso il male, allora potrebbero essere usati anche per fare il contrario.
Ci spero perché altrimenti sarebbero viti senza uva, olive senza chicchi, simulacri di mondi senza esseri umani.
Non lo comprendo più questo volergli negare ogni responsabilità, perché dargliene significa vederli finalmente come cresciuti e in grado di esprimere qualcosa di più del mero intrattenere genti annoiate.

Ma speriamo!
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